A Napoli esiste ancora un grande cimitero costruito in periodo Borbonico che fu il primo cimitero pubblico in Europa e forse nel mondo. Fu progettato e costruito dall’architetto Ferdinando Fuga e commissionato direttamente dal Re Ferdinando IV
Esiste a Napoli sulla collina di Poggioreale un luogo particolare che è il cimitero di Santa Maria del Popolo, conosciuto in città e nel mondo intero come Cimitero delle 366 fosse. Voluto da re Carlo di Borbone fu poi realizzato nel 1762 dall’architetto Ferdinando Fuga su incarico di Re Ferdinando IV di Borbone.
Un’opera straordinaria e particolare progettata e realizzata dal Fuga secondo lo spirito dell’epoca dei “lumi” e che introdusse la sepoltura per i poveri razionalizzando al tempo stesso il criterio degli interramenti.
All’epoca per le persone nobili e per i ricchi c’erano le sepolture nelle cappelle delle chiese mentre i poveri erano sepolti in fosse comuni appena fuori la città come ad esempio il Cimitero delle Fontanelle o in una cavità dell’Ospedale degli Incurabili.
L’architetto Fuga, già autore dello straordinario Albergo dei Poveri di piazza Carlo III, progetto unico per l’accoglienza e l’assistenza dei poveri del Regno ideò così, su volontà reale, un luogo per dargli degna e sicura sepoltura.
Un luogo importante che anticipò di almeno cinquant’anni gli editti napoleonici riguardanti l’igiene delle sepolture e il conseguente obbligo di edificare i cimiteri lontano dall’abitato.
Una fossa per ogni giorno dell’anno compreso gli anni bisestili
La particolarità del luogo, oltre a un posto degno di sepoltura, era di disporre di 366 fosse, una per ogni giorno dell’anno, che consentivano la sepoltura ordinata dei morti secondo il giorno del decesso e un criterio cronologico che teneva conto anche degli anni bisestili.
Le fosse erano numerate e ogni giorno veniva aperta una fossa diversa che corrispondeva al numero progressivo del giorno, che a sera veniva poi richiusa e sigillata dopo la benedizione del sacerdote. Una volta messi i cadaveri del giorno nella fossa si provvedeva a ricoprire di calce e terra la fossa che veniva poi riaperta l’anno successivo.
Le sepolture avvenivano tutti i giorni dalle sei e mezza della mattina alle sei e mezza della sera. In questo modo anche le persone povere del regno avevano una sepoltura degna e i familiari un luogo dove pregare.
Il Cimitero delle 366 fosse ospitò circa due milioni e mezzo di salme delle classi più povere ed aveva 366 ipogei numerati disposti in 19 file per 19 righe e altre 6 fosse nell’atrio dell’edificio all’ingresso. Le fosse erano profonde circa sette metri con un vano di 4 metri per 4.
Una speciale “macchina” per le sepolture
Il luogo fu dotato anche di un macchinario, con 4 ruote, 4 piloni e un gancio al centro che aiutava nelle sepolture. La macchina veniva spostata ogni giorno per sollevare le pesanti lapidi di chiusura con il numero del giorno.
La macchina veniva anche utilizzata per calare nella fossa una bara di metallo con il fondo che si poteva aprire. Il corpo veniva messo nella bara che veniva scesa con un argano usando una leva per aprire la cassa e poggiare il cadavere sul fondo evitando così di lanciare il corpo dall’alto come avveniva nelle fosse comuni. Il macchinario si trova ancor oggi visibile nel cimitero.
Il cimitero si trova ancor oggi a Napoli a Poggioreale sull’altura di Cupa Lautrec ed oggi è di proprietà dell’arciconfraternita di santa Maria degli incurabili ma visitabile liberamente.
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