Maschio Angioino (Castel Nuovo): Storia, leggende e orari di visita

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Maschio Angioino in tutta la sua bellezza

Castel Nuovo o Maschio Angioino: magnificenza architettonica e prodigi dell’arte alla Corte dei re. Intrighi, leggende, arte e storia nel possente e misterioso Castello partenopeo

Castel Nuovo, meglio conosciuto con il nome di Maschio Angioino e sede del Museo Civico, è il più imponente tra i castelli di Napoli. Fu costruito in posizione strategica nell’area oggi denominata Piazza Municipio: il suo profilo domina la parte occidentale della zona portuale e la veduta verso il mare.

La storia del castello inizia durante il XIII secolo ed è densa di fatti documentati e leggende suggestive che la ammantano di fascino. Nelle sue maestose sale, nei sotterranei, nelle Cappelle, sulla splendida facciata il tortuoso viaggio dei secoli -che ha avuto come protagonisti personaggi illustri, letterati, uomini di guerra, regine e re, poeti, artisti e persino un coccodrillo- sono visibili i segni di chiunque ne abbia calcato le stanze concorrendo a saldarne la fama di luogo simbolo e sintesi stessa della storia secolare della città.

Storia, curiosità e cosa vedere a Castel Nuovo (chiamato dai napoletani Maschio Angioino)

La costruzione del Castrum novum fu inaugurata nel 1279 quando, per volere di Carlo I d’Angiò, si diede seguito al progetto di edificazione della vasta residenza reale a firma dell’architetto francese Pierre de Chaule. Il nome fu scelto per sottolineare la differenza con gli altri e già esistenti castelli partenopei, in particolare il Castel dell’Ovo e Capuano.

Perché il castello si chiama Maschio Angioino? 

La storia segue spesso un suo corso, così, sul finire dell’Ottocento, i sudditi decisero di chiamarlo informalmente Maschio Angioino, per rimarcare la possenza della sue svettanti torri (maschio, ovvero torrione), e l’incisività che la casata dei D’Angiò ebbe nel tessuto politico e culturale napoletano, soprattutto per aver raccolto presso la residenza pensatori e artisti di prim’ordine del panorama italiano.

L’arco di trionfo all’ingresso del Castello

A prima vista il Maschio Angioino stupisce con la sua sagoma esterna: una grossa struttura a pianta trapezoidale sigillata ai vertici da cinque massicce torri cilindriche rivestite di piperno, eccetto una realizzata in tipico tufo napoletano, tutte -dentro e fuori- in stile cosiddetto catalano.

Tra le due torri d’ingresso, “di Guardia” e “di Mezzo”, campeggia il candido e riccamente decorato Arco di Trionfo, voluto da Alfonso D’Aragona per immortale con lo scalpello il suo ingresso trionfale in città.

Incastonato nella breccia aperta dopo la presa del Castello, l’arco è in stile tardo-gotico e si presenta ricchissimo di decorazioni dal forte significato simbolico: motivi benaugurali che fanno da cornice alle raffigurazioni di Alfonso tra i grandi ufficiali del Regno, al Trionfo di Alfonso, alle Virtù collocate all’interno di nicchie, colonne ioniche e doriche, rappresentazioni di fiumi e di Santi, in una commistione di linguaggi artistici che coniuga la schietta arte celebrativa romana con il gusto tardo-medievale dell’epoca.

Cappella Palatina

Cappella Palatina Maschio Angioino

Il Cortile del Maschio Angioino

Durante il terremoto del 1456 il Maschio Angioino fu segnatamente danneggiato. La Cappella Palatina resistette a quella sciagura ma fu meno fortunata qualche secolo dopo quando andarono perduti gli affreschi che Giotto, ispirandosi al Vecchio e al Nuovo Testamento, aveva realizzato assieme ai suoi allievi. Dunque, la Cappella si presentava più ricca rispetto all’essenzialità che l’architettura gotica, spogliata dei suoi decori, mostra. Oggi l’ambiente unico della navata e la relativa sagrestia sono adibiti a museo con esposizione di pitture, mobilio e opere scultoree pregiate appartenenti al Rinascimento napoletano.

Sala dei Baroni, o del Trono o sala Maior

Fu la Sala di rappresentanza all’epoca di Roberto d’Angiò detto il Saggio, il re mecenate che accolse alla sua corte artisti e letterati del calibro di Boccaccio e Petrarca. Anche qui Giotto immortalò il suo genio, decorando le pareti con rappresentazioni degli uomini-eroi dell’antichità (Enea, Salomone, Paride, Ercole, Achille, Cesare, Alessandro).

Un secolo dopo Alfonso I D’Aragona, ne ampliò ed impreziosì la struttura affidando i lavori all’architetto maiorchino Sagrera a cui si deve la sorprendente volta ottagonale a forma di stella. Egli, adoperando il piperno e il tufo usati negli esterni, ma più in generale in tutta Napoli, realizzò una struttura a 16 costoloni in cui il grigio piperino dialoga con il tufo giallastro creando un forte impatto estetico. A 28 metri dal suolo, nel centro della volta si apre un oculus studiato per accentuare i giochi cromatici.

Nonostante il rovinoso incendio del 1919 che ne ha deturpato gli affreschi e i decori, la sala conserva il carisma e il prestigio che la caratterizzò nei secoli reali.

La storia della congiura dei Baroni e la leggenda del coccodrillo giustiziere

Come spesso accade per le “cose” napoletane, è scendendo negli abissi che si incontrano le storie più avvincenti, dove immaginario e realtà tengono sempre vivo il mistero. Questa volta sono le prigioni a raccontarci fatti efferati e favolosi, congiure e occultamenti, storie di gelosie e tradimenti.

Le due prigioni che potete visitare sono quelle denominate del Miglio” (o del coccodrillo) e dei Baroni”, entrambe collocate sotto la Cappella Palatina.

La prima era in origine il deposito di grano del regno aragonese e per questo detta “del miglio” ma, quando fu adibita a prigione, i reclusi che in essa venivano imprigionati sparivano in circostanze inspiegabili. Singolare era il metodo scelto per eliminare le tracce di questi uomini della cui morte non si voleva fare clamore. La leggenda vuole che da una fossa scavata nel pavimento e collegata direttamente al mare, un grosso coccodrillo entrasse per trascinare direttamente nelle profonde acque i malcapitati.

La seconda, detta dei Baroni, è direttamente collegata alla sovrastante Cappella tramite angusta scala a chiocciola, e reca il nome della congiura che si verificò nel 1486. In essa sono visibili le bare con i resti dei nobili abbigliati secondo la moda del tempo. Era l’anno in cui lo spietato re Ferrante D’Aragona, inviso tanto alla nobiltà quanto al popolo per la fama che gli derivava dalle sue nefandezze, decise di vendicarsi per gli scontri e le divergenze politiche che lo avevano opposto ai nobili.

Ottenuta la pace, finse di volerla suggellare invitando i Baroni alla festa di nozze in occasione del presunto matrimonio della figlia. Giunti in Sala furono tutti arrestati ed eliminati con particolare ferocia. Di quel massacro ne fu fatta dettagliata cronaca, diffusa, per volere del sovrano, in tutto il regno. I pochi sopravvissuti furono gettati nelle segrete da dove non videro più la luce.

Castel Nuovo è uno dei luoghi di maggior interesse per la città. Dal cortile interno, alla facciata, alle mostre ospitate nei vari piani, vi è abbondanza di opere da vedere e posti da visitare. In questa disamina, per ragioni di spazio, si è parlato solo di alcune bellezze tralasciandone altre non meno importanti (la Cappella del Purgatorio, o la storia del Sacro Graal, ad esempio), ma la curiosità, che si spera di aver smosso, sarà certamente soddisfatta con una adeguata visita al Maschio partenopeo.

Maschio Angioino (Castel Nuovo): Orari, visite e prezzi

Foto © Marco Criscuolo for Napoli da Vivere

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